L’Appennino toscano che delimita i confini del nostro territorio, ci protegge con le sue cime, mitigando le temperature estive e garantendoci una produzione di qualità.
Le nostre piante si dissetano con acque pure che sgorgano dalla sorgente dell’Arno, sorgente di dantesca memoria che ha nella nostra valle la sua culla.
Il nocciolo, presente in questo angolo di Toscana sin dall’antichità e rilevato nell’erbario del parco delle foreste casentinesi al suo stato selvatico a fine ‘800, occupa tipicamente i margini dei boschi e foreste che popolano la nostra valle.
È frequente, infatti, imbattersi in noccioli selvatici passeggiando lungo i sentieri che conducono al Santuario della Verna o all’Eremo di Camaldoli.
Nel 2015 decidiamo così di scommettere su questa essenza, nobile per i suoi frutti e gentile per la sua vegetazione, trapiantando più di 35.000 mila piante accudite e coltivate con passione e dedizione fino ad oggi, valorizzando il territorio e i suoi frutti, riscoprendo un’antica coltivazione
Si tratta di una piccola valle ancora incontaminata della Toscana tra le province di Arezzo e Firenze, le cui caratteristiche morfologiche le hanno valso la definizione di “Valle chiusa”- Clausentinum fattore che ha preservato l’integrità e l’ autenticità dei nostri luoghi.
Racchiusa infatti dai rilievi dell’appenino Tosco Romagnolo e caratterizzata da un clima fresco con moderate escursioni termiche, conferisce un carattere unico ai nostri frutti.
La nostra valle, con le sue maestose foreste e sibilanti ruscelli fu anche Fonte di inspirazione per il “sommo poeta “ Dante Alighieri che qui ebbe dimora nel XIV secolo dove concepì e scrisse il celebre e sublime canto XXXIII dell’inferno.
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